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Laboratorio "conservazione del paesaggio"
Università degli studi di Milano – Università degli studi di Genova
8-12 maggio 2017
Lo straordinario paesaggio delle Cinque Terre non è mai stato a rischio finché il territorio è rimasto
isolato dal resto del mondo. Esso ha continuato a perdurare nei secoli senza sostanzialmente venire
influenzato dai fatti storici che si sono susseguiti e dalle leggi economiche stabilite in seguito alle
varie rivoluzioni industriali, per via delle difficili comunicazioni ma anche di una generale
arretratezza della nostra Regione rispetto al panorama europeo, soprattutto nelle sue parti più
interne (tra cui mi sento di includere, per motivi storici e fisici, anche l'area in questione). L'avvento
della ferrovia e del capitale industriale nella vicina Spezia ha bruscamente imposto le logiche
dell'economia capitalista, qui come ovunque nel mondo, più o meno recentemente a seconda delle
varie situazioni.
La particolarità di questo ambiente sta nella sua estrema fragilità da un punto di vista
geomorfologico, in particolare per via di una territorializzazione di dimensione probabilmente
insostenibile in questo momento storico. Mi riferisco ovviamente all'opera di terrazzamento per la
coltura della vite, che come sappiamo ha riguardato praticamente tutto il territorio del parco tra i 30
e i 450 metri s.l.m., fantastica opera di sinergia uomo-ambiente, essenza stessa della geografia, ma
che al tempo stesso richiede costanti e premurose cure per essere mantenuta ed evitare che diventi
un rischio per qualunque cosa vi stia sotto. Sono problematiche comuni a tutto il territorio
regionale, più o meno intensamente terrazzato, con la differenza che nello specifico ci troviamo in
presenza di una bellezza innegabile, riconosciuta dall'UNESCO e confermata dai milioni di turisti
che ogni anno vi fanno visita.
Tale consapevolezza ha risvegliato in parte dei residenti un forte senso di appartenenza al luogo ed
una voglia di contribuire alla sua preservazione, come nel bellissimo caso della fondazione
Manarola Cinqueterre, nata dal basso con l'associazione dei cittadini della frazione per restaurare e
rimettere a coltura il cosiddetto “anfiteatro”. Azioni come questa non sembrano tuttavia bastare ad
garantire un futuro sicuro: le facilità offerte dal mercato turistico e dal capoluogo, in termini di stile
di vita, sono troppo allettanti per non venir (comprensibilmente) colte dalla maggioranza della
popolazione autoctona ed eventi alluvionali, come quello che ha colpito Vernazza nel 2011,
potrebbero ancora avere effetti devastanti sul precario equilibrio ambientale che si è instaurato.
Al tempo stesso il turismo non porta tutto l'aiuto che ci si potrebbe aspettare. Il Parco si trova in
quella fase che Miossec chiama “congestionamento”: la meta è ambita, ma il turista, in particolare il
crocerista tipo in arrivo dal porto di Spezia, si limita ad una visita superficiale dei centri urbani e dei
sentieri più conosciuti di collegamento tra essi, che risultano così congestionati soprattutto nei
periodi festivi, creando potenziali situazioni di pericolo, mentre i sentieri alti, che meglio incarnano
quella che invece è la vera essenza del territorio, passando attraverso ripide mulattiere e
terrazzamenti quasi “impossibili” se si pensa a chi, secoli addietro, ne ha praticato la costruzione,
vengono sporadicamente battuti da una piccola parte dei visitatori. L'indotto sul territorio portato da
questo genere di turismo è in proporzione basso, nonostante la recente introduzione della “5 terre
card”, i cui proventi vengono reindirizzati al mantenimento del territorio.
Tali problemi sono stati ampiamente esposti e dibattuti durante lo svolgimento del laboratorio, che
ci ha permesso di comprenderli almeno in parte e di rielaborarli in senso geografico. Si palesa a
questo punto il fatto che tale ambiente, per le sue caratteristiche morfologiche ed antropiche, non sia
in grado di sostenere questo tipo di numeri ancora per molti anni, ed è facilmente pronosticabile un
suo declino in tal senso, con conseguente diminuzione dei flussi di denaro in entrata. Al tempo
stesso vi sono vaste aree della Liguria che avrebbero bisogno di una rivalutazione in chiave
turistica, soprattutto se l'obbiettivo prefissato vuole essere quello della conservazione e
valorizzazione del paesaggio e non dell'abbandono.
Senza dilungarmi oltre, deve essere quindi obbiettivo comune non permettere che questo capitale si
rivolga ad altri mercati, ma favorire la formazione di una regione sistemica di respiro regionale o
anche interregionale, che consenta quindi una distribuzione sostenibile della risorsa, agendo anche
sull'aspettativa che il turista ha della Liguria e cercando di offrire per ogni sua tipologia ciò che più
si avvicina alle personali esigenze. Potrà magari essere una strada difficile o addirittura un'utopia,
ma solo provandoci seriamente potremo averne la certezza.