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Le Cinque Terre e i suoi paesaggi terrazzati

di Andrea Lori, laboratorio Università Statale di Milano

(Manarola , 28 Giugno 2017)

Dopo oltre due settimane dal termine del laboratorio, sono ancora alquanto entusiasta di ciò che ho visto e sperimentato al laboratorio organizzato dalla mia Università. La  Liguria già manca. E' stata un'esperienza assolutamente ben sopra le mie aspettative, ho scoperto un nuovo mondo, generato da una combinazione di terra, mare e pratiche secolari.

Le mie esperienze passate mi avevano fatto visitare il Parco Nazionale delle Cinque Terre come un specie di “Gardaland” o “Mirabilandia”: casa fissa a Levanto, treno al mattino presto direzione La Spezia e via. Si raggiungeva a caso uno dei cinque borghi per passare lì la giornata, giusto per fare un paio di foto e, tempo permettendo, un bagno nel porticciolo del paese. Alzare la testa? Mai fatto. Non avevo mai alzato la testa verso l'entroterra, non avevo mai notato gli 8000 km di terrazzamenti nati grazie alla tecnica dei muretti a secco.

Grazie alle escursioni compiute sul posto, ci siamo potuti elevare sui colli al di sopra dei borghi, osservando che tutte le colline delle Cinque Terre sono terrazzate. Abbiamo attraversato terrazzamenti coltivati a vite e altri (l'assoluta maggioranza) completamenti abbandonati, ormai senza possibilità di recupero.

“Gli abitanti delle Cinque Terre non sono pescatori, ma contadini con la barca”, questa è, secondo me, la frase perfetta per comprende al meglio il paesaggio del Parco Naturale. I Padri di questa terra erano coltivatori di vigneti; le barche venivano usate principalmente per fini commerciali.

I contadini liguri, costruttori di muretti a secco per i terrazzamenti hanno fatto per secoli un lavoro infausto; quotidianamente si occupavano di mantenere stabili le basi delle loro coltivazioni e progressivamente aumentavano il patrimonio dei muretti a secco, fino a terrazzare la quasi totalità di quella zona. Con l' Unità d'Italia venne costruita dopo qualche anno la ferrovia Genova – Pisa, collegando le Cinque Terre con il resto del mondo; oltre a quello, anche la costruzione dell'arsenale di La Spezia cambiò radicalmente la vita degli abitanti della Riviera di Levante.

Lavorare ogni giorno tra i muretti a secco e vigneti senza attrezzature tecniche adeguate non era più conveniente: era un po' più comoda la vita da operai pendolari. Soprattutto lavorare all'arsenale militare dello Stato non prevedeva rischi di imprenditoria, mentre l'incolumità delle coltivazioni di vite poteva esser messa a repentaglio da svariati fattori; per questo ci fu un progressivo abbandono del lavoro nei campi. C'è inoltre da considerare il fatto che, per le condizioni ambientali, coltivare vite alle Cinque Terre è ben diverso che coltivare vite in Veneto, Toscana, ecc.. è impossibile l' uso di mezzi agricoli e di trasporto pesanti.

Dunque, attualmente, siamo alle porte di una situazione alquanto drastica: l' abbandono dei terrazzamenti può portare alla distruzione dei borghi; i muretti a secco trattengono acqua e portano il peso verso l' esterno, causando frane (come gruppo universitario siamo riusciti a vedere un paio di frane attive tra Riomaggiore e Portovenere).

Le soluzioni? Ce n'è solo ed esclusivamente una: riprendere a lavorare la terra e mantenere saldi i muretti a secco con continue ristrutturazioni. E' un lavoro molto difficile, infatti oggi solo una minima parte di terrazzamenti non sono abbandonati.

Ho avuto l'occasione di sperimentare cosa vuol dire lavorare, anche solo per un giorno, tra i terrazzamenti adiacenti alla bellissima Manarola: sicuramente un lavoro che oggi giorno nessuno è in grado di sostenere. Un progetto, secondo il mio modesto parere, molto accreditabile è quello di avvicinare immigrati e profughi, già abituati ad uno stile di vita diverso da quello occidentale, a lavorare la terra, specializzandoli nella ristrutturazione di muretti a secco. Questo fenomeno sta già avvenendo, grazie a la Caritas di La Spezia e la “Fondazione Manarola” che si è posta l'obiettivo di recuperare parte dei terrazzamenti.

Ma la domanda che molti si pongono è: che fine hanno fatto gli abitanti delle Cinque Terre? Anziché spaccarsi la schiena nei campi hanno preferito gestire redditizie attività commerciali nei borghi: sicuramente una scelta comoda, ma che va a penalizzare pesante il territorio. L'unica via per salvare il territorio e conservare il paesaggio è quella di avvicinare immigrati e giovani all'arte dei muretti a secco e della coltivazione della vite.    

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Le Cinque Terre e i suoi paesaggi terrazzati
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