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Unesco: Italia, riconoscimento dei muretti a secco rurali

Tra le altre, le colture agricole nelle Cinque Terre, quelle in Costiera Amalfitana, Pantelleria, ed in Puglia il Salento e la Valle d'Itria.

(Manarola - Sede Parco Cinque Terre, 29 Novembre 2018)

L'Italia aderisce alla candidatura multinazionale della "Tecnica dei muretti a secco" in agricoltura. Lo ha deliberato oggi la Commissione italiana per l'Unesco. La candidatura ha come capofila Cipro, che in questo caso trova come partner la Grecia, insieme all'Italia appunto, Spagna, Francia e Svizzera. Sul territorio italiano sono diverse le comunità emblematiche, anche se non esclusive, legate alla tecnica dei muretti a secco. Tra queste, le colture agricole nelle Cinque Terre, quelle in Costiera Amalfitana, Pantelleria, ed in Puglia il Salento e la Valle d'Itria.

"Un riconoscimento speciale che va alla gente, uomini e donne, - dice Patrizio Scarpellini, direttore del Parco delle Cinque Terre - che ci hanno permesso di conservare un paesaggio unico. Un riconoscimento altrettanto speciale a quanti, quotidianamente, oggi, pur avendo altre possibilità più remunerative, continuano a manutenere il territorio, le vere sentinelle.  Arte, l'arte di mettere vicine le pietre seguendo i consigli degli avi ma anche, forse, l'istinto.  Noi abbiamo una grossa responsabilità. Dobbiamo impegnarci a tramandare la Sapienza dei nostri anziani ai giovani delle Cinque Terre. L'obiettivo è salvaguardare questo bene reso dall'Unesco Patrimonio di tutti. Ci possiamo riuscire .  Abbiamo a disposizione strumenti importanti, la progettualità europea e i proventi che derivano dalle Cinque Terre Card. La capacità dei "maestri" e la loro voglia di impegnarsi per le generazioni future. Abbiamo una rete importante di partner, come Pantelleria e Costiera Amalfitana, ad esempio, con i quali lavorare e confrontarsi.  I muri a secco sono integrazione e scambio. Di energie, fatiche, dialetti, consigli e anche mugugni. È un momento cruciale. Abbiamo, al centro del campo, il nostro patrimonio culturale e le nostre radici. Non è solo nostro, ora è di tutti. Lo dobbiamo preservare- conclude Scarpellini."

 
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